Sylvano Bussotti: Vita e Teatro

Sylvano Bussotti: Vita e Teatro

Rete Toscana Classica

Sylvano Bussotti – la sua vita e il suo teatro – è il protagonista di questo ciclo in cinque puntate curato da Luca Scarlini nel 2010. L’abbiamo ripescato dai nostri archivi per rendere omaggio a questo artista poliedrico morto il 19 settembre 2021. Il ciclo è nato in occasione del progetto Corpi da musica, esposizione curata da Luca Scarlini al Museo Marino Marini di Firenze. Ognuna delle cinque puntate che lo scandiscono è legata a una città centrale nell’esistenza di Sylvano Bussotti: Firenze, Parigi, Palermo, Roma e Milano.

Il progetto di opera d’arte totale di Bussotti, che per lungo tempo ha avuto nome BOB (bussottioperaballet), comprende regie, scenografie, dipinti, libretti e liriche. Il suo catalogo è ricchissimo di incursioni in ambiti diversi, in teatro come in cinema, dove si ricordano soprattutto Rara Film, 1965-1969, vera summa dell’avanguardia del tempo e Apology, realizzato a Berlino nel 1972.

La formazione e le collaborazioni
Allievo tra gli altri di Luigi Dallapiccola a Firenze, si rivelò però a Darmstadt, dopo gli incontri parigini con Pierre Boulez e John Cage, con i Five Piano Pieces for David Tudor (1958), che poi saranno parte del lavoro che sancì la sua notorietà, dall’inequivocabile titolo Pièces de chair, presentato nel 1960 e decisamente volto a un’estetica del gesto musicale, di immediato impatto teatrale.
Di questi anni è anche il lavoro con Carmelo Bene per una serie di celebri concerti di poesia dedicati a Maiakovskij; la rappresentazione del gender in questa prospettiva diventa basilare e trova accoglienza nei suoi titoli più importanti, che si confrontano con testi di De Pisis, Pasolini, e soprattutto di Aldo Braibanti, a cui è stato legato da una lunga amicizia.

Il successo e lo scandalo
La Passion selon Sade è il lavoro che lo consacra ed è un successo di scandalo a Palermo nel 1965 nell’ambito di un convegno del Gruppo 63, prima di una vasta tournèe internazionale che fissa per sempre l’icona della diva d’avanguardia Cathy Berberian, Justine e Juliette a un tempo, intenta a eseguire variazioni da un sonetto di Louise Labé, su uno sfondo operistico di inginocchiatoi, con un kapellmeister che manovra con altrettanta disinvoltura la bacchetta d’orchestra o la frusta.
Nella produzione degli anni seguenti sarà evidente una commistione di echi rinascimentali e meccanismi di alea, in opere come Rara Requiem (1969), il lavoro biografico “a tema” per quartetto e orchestra I semi di Gramsci (1971), l’opera Lorenzaccio rappresentata ad Amburgo nel 1972, summa di ispirazioni da De Musset per narrare un mondo cromaticamente sovraccarico che nel disegno bussottiano di copertina associa un costume vagamente cinquecentesco e una motocicletta.

Nel 1973 sarà la volta del balletto Bergkristall dal racconto omonimo di Adalbert Stifter e in seguito de Le Racine, pianobar per Phèdre (1981), primo capitolo di una serie di interventi sul tema raciniano, e il sontuoso Bal Mirò (1981). Nel 1988 ha presentato al Comunale di Firenze L’ispirazione, tratto da un’idea di Ernest Bloch e messo in scena da Derek Jarman, che ha aperto lo spettacolo con frammenti da The Last of England, mentre Tilda Swinton incarnava Futura, signora del Teatro e dello Spazio.
Tra i suoi ultimi lavori, da citare almeno Tieste, presentato all’Opera di Roma nel 2000 e Silvano, Sylvano, andato in scena all’Auditorium nel 2009.

a cura di Luca Scarlini,

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