
6. Adele Fleissner
Di un teatro si può parlare descrivendone la bellezza: drappi di velluto, statue d’ottone, stucchi preziosi o perfino parlando dei concertisti e ballerini che hanno eseguito la loro migliore esibizione. Oppure, invitandovi a mettervi comodi in un luogo speciale: tra i palchetti d’onore, dove incontreremo le voci delle donne e degli uomini illustri che hanno dato vita alla storia del Teatro Cagnoni di Vigevano.
In questa puntata non saremo in compagnia dei soliti notabili conti, industriali e cavalieri vigevanesi, ma incontreremo uno dei volti più noti della beneficenza di Vigevano e palchettista del Teatro Cagnoni... Adele Fleissner.
Adele Fleissner: Cosa credevano loro, nobili signori? Che una volta rimasta vedova avrei rinunciato per sempre al mio posto a teatro? Che senza un marito di fianco non sarei stata più capace di badare a me stessa? Mio padre, che fu un buon pittore - si chiamava Andrea Fleissner - ritrasse decine di uomini e donne della media e alta borghesia. Nei loro occhi, anche dipinti, potevi già leggere tutta la durezza delle regole del loro mondo. “Adele, orsù cara, stai a casa, non dire sciocchezze, le donne non votano, non viaggiano da sole, non dirigono le fabbriche. Non dirci ancora frottole…”Così. Noi donne tutto il giorno a sentir parlare in codesta maniera gli uomini di rango e anche le loro mogli… ma ci pensate?
Narratore: Adele Fleissner era la moglie di Vincenzo Rigone, un fabbricante di seta vigevanese scomparso prematuramente. Per lui, al tempo, vennero pronunciate parole care. Di lui fu detto che era stato un uomo buono, cortese con gli operai che lavoravano per lui. Tanto che le cronache dell’epoca dicevano della fabbrica che somigliava “all’interno di un’operosa famiglia". Aveva istituito per gli operai dell’opificio una cassa di mutuo soccorso, a cui in seguito contribuì anche Adele. In principio, era stato chiesto a ciascun lavoratore di cedere una piccola parte del proprio salario diurno, a beneficio di tutti, e la parte restante sarebbe stata versata dai proprietari della fabbrica. Ma l’idea non piacque, eppure al mutuo soccorso non si poteva rinunciare. Così, i coniugi si fecero interamente carico della spesa. La fabbrica ora era anche il luogo dove a ciascun dipendente era garantito aiuto in caso di malattia o di un cattivo incidente. Alla cassa di previdenza volle partecipare anche il signor Giovannella, socio di Vincenzo, e venne deciso di versare un centesimo al giorno per ciascun operaio.
A: Be’, in certe situazioni, io arrivai a stanziare anche 100 Lire, e non centesimi come quegli altri. Lo feci quando ce n'era di bisogno, ad esempio per gli operai del cotonificio Crespi colpito da un incendio nel 1881. La cifra più alta, insieme a quella di Crespi stesso. E non fu l’unica opera di bene: feci il mio dovere quando ci fu il terremoto a Casamicciola, e ogni volta che Vigevano ne ebbe di bisogno. Non vorrei farmene vanto, vi prego per questo di non travisare le mie parole, e - per carità - neppure le mie intenzioni. Vi dico quanto vi ho detto, solo perché vorrei tenervi al corrente che al tempo anche le donne erano ottime benefattrici. Ma quanti mezzi busti avete visto in giro per le vostre città mantenere viva la memoria di una donna? E i nomi delle scuole? A quante poetesse? La storia delle volte ha la memoria corta, e non si sa perché, i nomi coperti da strati di indifferenza e dimenticanza sono sempre i nostri. E a proposito di nomi. Ve ne dico uno: Emma Tettoni… Vi dice qualcosa?Niente? Non mi stupisce.
Il suo è proprio uno di quei nomi persi qui e lì nella storia. Era mia nipote, e fu allieva di Giosuè Carducci. Emma era più che una ragazza colta. Emma aveva idee, era una visionaria capace di vedere avanti più di cento anni di progresso, ed è per donne come lei che oggi molte delle cose date per scontate possono esserlo. Era una mente brillante, appassionata. Con la sua attività di conferenziera ha saputo scardinare le regole di un modello di donna insostenibile: ci volevano sempre taciturne, accomodanti, composte, amorevoli, premurose, e soprattutto, silenziose.Nel tempo che rimase con me a Vigevano, andavamo spesso al Teatro Cagnoni dove, dal mio palchetto, assistemmo alle più belle note e messe in scena di tutte le rappresentazioni del nostro tempo.
Sedavamo nel palco numero 7 di destra. Il palco era intestato a mio marito Vincenzo, e mio cognato Cesare, suo fratello. Ma sul finire del secolo me lo feci intestare, diventando una delle prime palchettiste donne del teatro. Un passaggio per eredità… in quegli anni era difficile per una donna acquistarne uno tutto per sé, e quindi era più facile vedere nomi di donna titolari di palchi solo per passaggio da padre in figlia o da marito a moglie. Alla mia epoca, tuttavia, il Cagnoni contò in tutto 16 donne titolari, su 68 palchi presenti. Poco sì, ma già molto per il tempo.
N: Assieme ad altri palchettisti, Adele Fleissner fu anche promotrice di spettacoli di beneficenza, alcuni dei quali furono organizzati con la conduzione del maestro Domenico Cagnoni, fratello di Antonio Cagnoni a cui verrà poi intitolato il teatro nel 1896. Al tempo le donne non avevano molte occasioni di ricoprire ruoli attivi nella società, ma potevano ottenere ruoli di rappresentanza legati al circuito della carità e delle opere di bene. La beneficenza quindi era per una donna anche un metodo per ottenere il dovuto prestigio nella società.
Di Adele si dice, ad esempio, che quando scoppiò l’incendio al cotonificio dei Crespi - ce lo ha appena ricordato -, versò alla cassa degli operai una cifra alta tanto quella di Crespi stesso, o ancora, che donò una cifra di 100 Lire al Comitato di Soccorso per i Danneggiati delle Inondazioni. Il comitato era stato fondato a seguito dell’inondazione delle province di Rovigo, Venezia e Verona, e Adele, nonostante la lontananza, fu colei che si adoperò con la cifra più alta… Non abbiamo certezze su questo fatto, ma forse in quest’ultimo caso la sua opera di beneficenza fu di tale entità perché all’epoca sua nipote Emma Tettoni si trovava già a Rovigo, dove era stata nominata insegnante di pedagogia e direttrice della scuola normale femminile . A: Partecipai anche al comitato di costruzione della Chiesa di San Francesco, oggi nell’omonima piazza di Vigevano. Ne avete già sentito parlare nell’episodio dedicato al caro Carlo Scotti, vi ricordate? Penso vi ci avesse condotto lui stesso in quell’occasione… be’, potreste farci ancora un salto nell’attesa che cominci il nuovo spettacolo al Teatro Cagnoni, sono pressappoco 200 metri a piedi, e sono sicura che sia ancora lì!
“Racconti dell’Ottocento: i palchettisti del Teatro Cagnoni di Vigevano” è un podcast realizzato dall’Associazione Amici del Teatro Cagnoni di Vigevano. Curatela scientifica dei contenuti di Valeria Silvia Francese.
Progettazione e produzione di testi, speakeraggio e postproduzione a cura di eArs.
Si ringrazia il personale dell’Archivio Storico del Comune di Vigevano per il prezioso supporto nella ricerca dei contenuti.Il brano Ouverture dell’opera Il Ballo in Maschera di Giuseppe Verdi riprodotto nell’episodio è stato eseguito dall’ Orchestra Città di Vigevano. Questo podcast è stato realizzato con il contributo della Fondazione di Piacenza e Vigevano e della Fondazione Comunitaria della Provincia di Pavia Onlus, grazie ai fondi messi a disposizione da Fondazione Cariplo.
Racconti dell’Ottocento: i palchettisti del Teatro Cagnoni di Vigevano
Scopri la Vigevano di fine Ottocento attraverso i palchettisti del Teatro Cagnoni.
In ogni episodio esploreremo la città e conosceremo la sua storia attraverso la voce dei palchettisti storici del suo principale teatro.
Un podcast dallo stile narrativo adatto sia per chi vuole sapere di più su questa città, sia per gli appassionati della Belle Époque.
- Numero di episodi: 8
- Ultimo episodio: 2024-06-08
- Arte Cultura e società Arti dello spettacolo Documentari