
L'azzardo di Trump: una Hollywood no woke
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L'AZZARDO DI TRUMP: UNA HOLLYWOOD NO WOKE E ANTI MAINSTREAM di Tommaso Scandroglio
Notizia di colore? Non solo. Giovedì scorso Donald Trump ha annunciato sulla sua piattaforma Truth Social che nominerà Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight suoi ambasciatori ad Hollywood. Ecco il post del futuro presidente: «È per me un onore annunciare che Jon Voight, Mel Gibson e Sylvester Stallone saranno ambasciatori speciali di un posto grandioso ma molto travagliato: Hollywood, in California. Saranno miei inviati speciali allo scopo di riportare Hollywood, che negli ultimi quattro anni ha perso molti affari a favore di Paesi stranieri, ad essere più grande, migliore e più forte che mai! Queste tre persone molto talentuose saranno i miei occhi e le mie orecchie e farò ciò che mi suggeriranno. Così come avverrà per gli stessi Stati Uniti d'America, ci sarà una nuova età dell'oro per Hollywood!».
Il lettore italiano, anzi europeo, potrebbe comprensibilmente liquidare la decisione di Trump come un'americanata. Un presidente degli Stati Uniti che s'inventa un'ambasciata ad Hollywood è una trovata assai bizzarra, propria di un certo spirito a stelle e strisce. Le polemiche negli USA naturalmente non sono mancate. La lettura più diffusa ed anche corretta è quella che vedrebbe Trump voler dare un giro di vite all'ambiente hollywoodiano dato che la maggior parte delle star non hanno mai nascosto la loro avversione per la sua persona.
E se questa stessa decisione fosse stata presa dal premier Meloni in merito a Cinecittà, l'Hollywood nostrana? Impensabile che possa avvenire, ma, in caso opposto, sarebbero piovute sull'esecutivo ferocissime critiche sull'intromissione del governo nella cultura italiana, sul commissariamento delle arti, sulla censura al libero pensiero e alla libertà di espressione, sull'egemonia della pseudocultura fascista, sulla volontà di usare il cinema come strumento di propaganda politica. Tutti dimentichi, tra l'altro, che Cinecittà fu voluta da Mussolini.
AMBASCIATORI AD HOLLYWOOD
Da qui la domanda: Trump ha fatto bene o ha fatto male a nominare questi tre attori e registi come ambasciatori ad Hollywood? Non è una intromissione in un campo, quello culturale e di intrattenimento, da cui il governo dovrebbe rimanere fuori? Trump ha fatto bene perché, innanzitutto, la competenza del governo di un Paese abbraccia anche la cultura. Anzi, qualsiasi azione del governo, termine che in questo caso ricomprende anche il potere legislativo, interessa necessariamente sempre la cultura. Dall'innalzamento delle imposte alla modifica del Codice della strada, dalle norme che regolano l'immigrazione a quelle che disciplinano il nucleare, tutto fa cultura. In questa specifica prospettiva ogni Stato è inevitabilmente etico, nel bene e nel male.
La cultura, come l'intrattenimento che è espressione culturale anch'esso, non può sfuggire alle scelte governative perché chi ha in mano le redini di una nazione ha l'obbligo morale di condurre ad una vita virtuosa i propri cittadini. E la cultura contribuisce a rendere l'uomo migliore o peggiore. Sulla relazione tra governo e virtù personali leggiamo ciò che ha scritto Tommaso d'Aquino: «La legge umana intende portare gli uomini alla virtù» (Summa Theologiae, I-II, q. 96, a. 2, ad 2). Nulla di strano a ben pensarci. L'uomo ha il dovere di fare il bene. Il bene che deve ricercare l'uomo di governo è il bene della collettività. Ecco quindi che è suo onere creare quelle condizioni affinché il singolo e il consesso dei singoli (famiglie, associazioni, imprese, partiti politici, etc.) si orientino ad una vita virtuosa, stato di vita che permette di arrivare a Dio, fine ultimo a cui tutte le realtà, comprese quelle che governano uno Stato, devono essere ordinate. L'insieme di quelle condizioni che permettono di vivere una vita secondo la legge naturale prende il nome di bene comune (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 26).
LOTTA AL POLITICAMENTE CORRETTO
Sebbene il salto sia notevole, torniamo dall'Aquinate a Trump. Anche la produzione di film deve rispettare la legge morale naturale, ossia deve contribuire a rendere virtuoso l'uomo. Se creare osservatori speciali da inviare ad Hollywood può contribuire a questo scopo ben venga. Ovviamente nel rispetto del principio di sussidiarietà. In altre parole il governo, ad esempio, potrebbe anche vietare la diffusione di alcune pellicole qualora fossero gravemente lesive del bene comune (pensiamo ad un film inneggiante la pedofilia), ma ordinariamente non potrebbe metter becco nella produzione di film, ossia nella scelta dei soggetti, delle sceneggiature, degli attori, etc... Controllo sì, sostituzione da parte del governo dei soggetti più competenti in materia no.
Chiaramente Trump è mosso prima di tutto da interessi politici: far sì che le spinte progressiste negli studios siano tamponate perché lesive della sua amministrazione. Ma, in questo caso, tale fine politico assai personale potrebbe tornare utile al cattolico. Infatti Mel Gibson è notoriamente cattolico. Sylvester Stallone, anche lui battezzato cattolico, nel 2000 rese noto il suo ritorno al cristianesimo e di recente ha dichiarato pubblicamente che è scampato ad un aborto. Jon Voight ha avuto una formazione cattolica, si è laureato alla Catholic University of America e parla spesso della sua fede. Di certo questi tre attori non sono dei santi, ma altrettanto certamente potranno spostare almeno di un poco l'ago della bilancia nell'ambiente hollywoodiano a favore di tematiche care alla cultura conservatrice: tutela della vita, della famiglia naturale, della libertà di pensiero e di religione, della patria, etc., lotta al politicamente corretto, all'anticultura woke, al mainstream massificante, etc...
Nota di BastaBugie: Stefano Magni nell'articolo seguente dal titolo "Trump inaugura la sua nuova America. Biden grazia i parenti e Fauci" fa il confronto tra Biden che usa il suo ultimo giorno da presidente per concedere altre grazie "preventive" a tutti i suoi famigliari, ad Anthony Fauci e al generale Milley, mentre Trump inaugura il suo mandato con un potente discorso improntato sull'eccezionalismo americano, la fine dei sensi di colpa e del Green Deal.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 21 gennaio 2025:
La cerimonia di insediamento del presidente Donald Trump si è tenuta al chiuso, per motivi climatici. Era previsto un freddo insopportabile (fino a -17° C) e una bufera di neve, mentre ieri il freddo si è limitato a 4 gradi sotto zero ed era una giornata splendida. Per cui, al riparo da un cielo terso, in un interno del Campidoglio si è svolto il rito del giuramento e del discorso programmatico, in un altro interno il discorso ai sostenitori e nel centro visitatori la parata militare. Surreale. Ci saranno stati motivi di sicurezza (dopo due attentati mancati di poco) oltre che il timore per il brutto tempo? Le autorità competenti smentiscono categoricamente.
Frattanto, a proposito di sicurezza, giusto per utilizzare al meglio il suo ultimo giorno da presidente, Joe Biden ha concesso la grazia presidenziale incondizionata (cioè per tutte le possibili accuse future) a tutti i membri della sua famiglia, al super-consigliere sanitario Anthony Fauci, al generale Mark Milley (ex capo degli Stati Maggiori Riuniti), a tutti i membri del Comitato 6 Gennaio e anche a tutti i testimoni che hanno deposto di fronte a quel Comitato. In sintesi: Biden teme una grande purga staliniana. Ma così lancia anche un messaggio controproducente: se non avesse garantito loro l'immunità, sarebbero stati condannati per qualche reato? Trump, dal canto suo, nel suo discorso inaugurale, promette di porre fine alla giustizia politicizzata. «Mai più l'immenso potere dello Stato sarà usato come arma per perseguitare gli avversari politici. È una cosa di cui so qualcosa. Non permetteremo che ciò accada. Non accadrà mai più. Sotto la mia guida, ripristineremo una giustizia giusta, equa e imparziale, nel rispetto della Costituzione e dello Stato di diritto».
Il ritorno del presidente/imprenditore è contrassegnato dalla filosofia dell'eccezionalismo americano: Usa come esperimento unico al mondo e di successo. E nell'ultimo passaggio del suo breve discorso di insediamento, riassume la sua visione dell'America: «In America, l'impossibile è ciò che sappiamo fare meglio. Da New York a Los Angeles, da Philadelphia a Phoenix, da Chicago a Miami, da Houston a Washington, il nostro paese è stato forgiato e costruito da generazioni di patrioti che hanno dato tutto quello che avevano per i nostri diritti e per la nostra libertà. Erano agricoltori e soldati, cowboy e operai, lavoratori dell'acciaio e minatori, poliziotti e pionieri che si sono spinti in avanti, hanno marciato e non hanno permesso che nessun ostacolo sconfiggesse il loro spirito o il loro orgoglio. Insieme hanno costruito ferrovie, innalzato grattacieli, costruito grandi autostrade, vinto due guerre mondiali, sconfitto il fascismo e il comunismo e trionfato su ogni singola sfida che hanno affrontato». Rilancia la "nuova frontiera" e il mito del "destino manifesto", che stavolta è orientato allo spazio: «Gli Stati Uniti torneranno a considerarsi una nazione in crescita, che aumenta le proprie ricchezze, espande il proprio territorio, costruisce le proprie città, innalza le proprie aspettative e porta la propria bandiera verso nuovi e bellissimi orizzonti. E perseguiremo il nostro destino manifesto verso le stelle, lanciando astronauti americani per piantare l
Tommaso Scandroglio - BastaBugie.it
Il professore Tommaso Scandroglio, autore di diversi libri sulla legge naturale, sulla morale e sulla bioetica, sviluppa riflessioni interessanti sui temi più caldi del dibattito contemporaneo
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